La Scelta
John Adam ha trent’anni, è un editore molto famoso, la sua vita è perfetta, quasi invidiabile: soldi, ville, amici, macchine,
una carriera avviata… eppure qualcosa lo rende insoddisfatto. La noia attanaglia le sue giornate, e nella sua mente inizia a
risvegliarsi quell’idea che da sempre era rimasta latente: il desiderio di uccidere, l’eccitazione nel togliere la vita ad un’altra
persona, la sensazione di onnipotenza che deriva dalla possibilità di diventare l’artefice del destino di un altro essere umano.
Inizia così la violenta avventura del protagonista, che si ritrova quasi incastrato in una spirale di violenza e malvagità.
“La Scelta”, romanzo d’esordio di Mario Catania, è un thriller filosofico che, con uno stile avvincente, obbliga il lettore a
porsi le stesse domande del protagonista.
Nel
2009
mi
sono
deciso
a
scrivere.
La
spinta
mi
è
stata
data
una
sera
conversando
a
tavola
durante
il
nostro
incontro
annuale
sul
lago
d’Orta
con
un
caro
amico
sacerdote
Rosminiano.
Parlavamo
della
vita
e
della
Chiesa
ed
io
gli
domandai
se
questo
mondo
non
fosse
potuto
essere
considerato
come
una
sorta
di
purgatorio
per
tutti
noi.
La
risposta
mi
fu
sorprendente:
il
padre
mi
disse
che,
a
patto
che
si
consideri
l’unicità
e
l’identità
dell’essere
umano,
la
Chiesta
stessa
non
può negare la reincarnazione intesa come proseguimento della vita nell’identità dell’uomo e nella sua unicità…
Allora
sì,
questo
mondo
e
questa
vita
potrebbero
essere
la
prosecuzione
di
un
percorso
passato.
Ho
pensato
dunque
di
spiegare
a
mio
modo
il
perchè
di
un’esistenza
che
per
ognuno
di
noi
è
gioia
e
affanno,
anche
se
con
proporzioni
differenti,
ed
ho
immaginato
di
dare
una
ragione
a
queste
diverse
proporzioni.
Esiste
il
libero
arbitrio?
Esiste
la
predestinazione?
Ognuno
di
noi
è
unicamente
figlio
delle
proprie
azioni
o
deve
scontare
anche
colpe
passate?
La
spiegazione
che
ho
fornito
è
stata
frutto
della
mia
fantasia
ma
fa
parte
delle
mie
idee.
Se
lo
riscrivessi
oggi,
ad
anni
di
distanza,
lo
farei
in
modo
diverso… ma solo nella forma, la sostanza del mio pensiero rimarrebbe la stessa.
Ricatto alla Chiesa
Erik Palmer è un avvocato cinico e di successo. La sua vita, dedita al denaro, scorre tranquilla fino al giorno in cui un uomo
compare quasi dal nulla facendogli una richiesta tanto assurda quanto irrinunciabile. Un quadro, La Visione Urbana di Ugo
Pozzo, pittore futurista, nasconde due nominativi che potrebbero cambiare il suo destino a patto che sia disposto a spinger-
si oltre ogni limite percorrendo la linea sottile che separa la vita dalla morte. Erik deve cambiare identità e vestire i panni di
un rampante Ferrante Pretender per poter scoprire chi lo vuole uccidere. Inizia così la sua discesa agli inferi, fra uomini di
chiesa corrotti e malvagi, collezionisti d’arte senza scrupoli, donne invischiate in affari poco chiari e lo spettro di una sorella
prematuramente defunta. Il romanzo “Ricatto alla Chiesa” è il secondo libro dello scrittore.
I
o
credevo
che
l’attività
dello
scrittore
finisse
con
la
prima
stesura.
Errori
di
noi
autodidatti!
Dal
primo
libro
ho
capito
come,
dopo
che
l’idea
sia
scattata
e
sia
partita
la
prima
bozza,
occorra
un
continuo
rileggere
e
correggere
paragrafi
e
capitoli.
Ho
imparato
a
pensare
a
quella
che
sarebbe
dovuta
essere
la
copertina
durante
l’intero
iter
del
libro,
ho
chiesto
al
mio
amico
John
di
scrivermi
la
prefazione,
ho
pensato
meglio
ai
titoli
dei
capitoli
ed
alla
loro
divisione.
Anche
in
questo
caso
la
storia
è stata per me il pretesto per affrontare tematiche di vita: dall’eutanasia al suicidio alla pena di morte, per esempio.
La
copertina
raffigura
un’
Acqua
Viva
(ritratto
Farfa)
e
la
scelta
non
è
stata
casuale
poichè
molto
si
parla
di
Futurismo
nel
volume
a
causa
di
una
sorta
di
“caccia
al
nome”
nascosto
dietro
ad
un
quadro
futurista
che
i
protagonisti
devono
affrontare.
Mi
è
stato
fatto
notare
che
anche
in
questo
secondo
come
nel
primo
ho
sottoposto
i
personaggi
ad
un
cambio
di
volto
e
di
identità:
non
vorrei
che
questo
divenisse,
per
così
dire,
una
firma
nei
miei
libri
ma,
certamente,il
fatto
non
è
casuale...
sono
profondamente
convinto
che
l’
aspetto
possa
condizionare
il
comportamento
ed
il
modo
di
porci
rispetto
agli
altri.
Un
cambio
di
volto
può
rappresentare
una
maschera
che,
indossata,
è
in
grado
di
trasformarci
in
quello
che
non
siamo o, viceversa, possa fare uscire il vero “io” di ognuno di noi.
Tre bravi ragazzi
Sullo sfondo dell'alta borghesia torinese e milanese Federico, Edoardo ed Ilaria, tre ragazzi perbene, vivono un'esistenza
apparentemente vuota fatta di valori futili e soldi facili. La sindrome di Asperger, diagnosticata in non piu' tenera eta' ad
uno di loro, non togliera' a questi la forza di lottare diventando, al contrario, lo stimolo per superare i coetanei nella corsa
della vita, mentre gli altri proseguiranno il loro cammino di devastazione fino alla resa dei conti finale.
Lo strumento giuridico del Trust, il tema sociale dell'Asperger, il difficile impatto psicologico con il mondo dei figli adottivi ed
il rapporto con lo sport, vissuto a tratti anche in modo ossessivo, si intersecano in un thriller socio culturale nel quale il
lettore scoprirà che il sangue non scorre mai gratuitamente. PIERO GROS E JOHN IRVING
Questo
terzo
libro
ha
rappresentato
per
me
una
esperienza
unica.
Sono
venuto
a
conoscenza
della
Sindrome
di
Asperger
praticamente
per
caso:
un
giorno
parlando
con
un’amica
venni
infatti
a
sapere
che
ne
era
affetto
il
figlio
del
fratello.
Inizialmente,
solo
per
curiosità,
decisi
di
informarmi
poi
mi
determinai
ad
andarne
maggiormente
a
fondo:
conobbi
il
maresciallo
Ugo
Parenti
alias
Gnomo
ASPirino
fondatore
di
una
associazione
di
genitori
di
bambini
Asperger.
Fui
da
questi
presentato
al
dott.
Maurizio
Arduino
responsabile
del
centro
C.A.S.A.
(Centro
Autismo
e
Sindrome
di
Asperger)
dell’Ospedale
Regina
Montis
Regalis
di
Mondovì
dove,
grazie
alla
disponibilità
del
dottore
passai
del
tempo
al
fine
di
meglio
comprendere
la
problematica.
La
Sindrome
di
Asperger
è
stata
inserita
negli
anni
‘90
tra
quelli
che
vengono
definiti
Disturbi
pervasivi
dello
Sviluppo
ed
è
oggi
ricadente
all’interno
dello
Spettro
Autistico.
E’
stata
individuata
negli
anni
‘40
da
un
pediatra
viennese,
Hans
Asperger,
il
quale,
nell’esaminare
i
comportamenti
di
alcuni
tra
i
suoi
piccoli
pazienti,
ha
riconosciuto
quella
che
lui
chiamò
“Psicopatia
Autistica”
ossia
scarsa
interazione
sociale,
difficoltà
di
comunicazione
e
dedizione
particolare,
quasi
paranoica,
a
particolari
interessi.
Parlando
con
lo
Gnomo
ASPirino
e
con
il
Dott.
Arduino
ho
imparato
a
comprendere
come
non
esista
un
Asperger
uguale
ad
un
altro
e
come
l
a
individuazione
e
la
successiva
diagnosi
debbano
essere
affidate
unicamente
a
medici
esperti.
Mi
ha
particolarmente
colpito
apprendere
come
una
sua
precoce
scoperta
possa
essere
fondamentale,
se
non
per
raggiungere
una
guarigione,
che
appare
ad
oggi
impossibile,
almeno
per
incanalare
il
soggetto
colpito
all’interno
della
cosiddetta
normalità.
I
test
dei
quali
parlo
nel
romanzo,
il
DSM
IV
così
come
l’ASDI
(Asperger
Sindrome
Diagnostic
Interview),
sono
parametri
reali
ai
quali
i
professionisti
si
affidano
al
fine
di
classificare
questo
disturbo
che,
a
tutt’oggi,
pare
non
presentare
alcunchè
di
genetico.
Sono
stato
letteralmente
“rubato”
dagli
aspetti
che
sono
andato
a
toccare
tanto
da
volerne
“contestualizzare”
il
mio
terzo
romanzo
dove
tratto
la
tematica,
spero,
in
maniera
sinceramente
rispettosa
delle
indicazioni
fornitemi
da
quanti,
genitori
di
bambini
e
poi
ragazzi
Asperger,
questo
problema
lo
vivono
nella
realtà
di
ogni
giorno.
Il
mio
amore
per
lo
sci
ed
il
tennis
fanno
da
cornice
fornendo
spunti
di ambientazione di situazioni e luoghi ad alcuni dei quali sono particolarmente legato.
C’è un alano dentro di me
Vorrei dedicare questo libro a tutti coloro che hanno il coraggio di affermare che gli animali siano privi di intelligenza, con
un augurio di cuore: che siano tanto immeritatamente fortunati da trovare nella vita qualcuno che possa essere più fedele
e devoto loro di un animale, che dia loro amore ed affetto in cambio di affetto ed amore, ch dia loro sincerità ed onestà
in cambio di onestà e sincerità, che non chieda altro che stare in loro compagnia fosse anche al freddo o sotto un ponte
e che comprenda che può ancora esistere, in un mondo dove tutto corre, un cuore d’oro in un uomo vestito di stracci
ed un cuore di stracci in un uomo vestito d’oro.
PREFAZIONE, di John Irving
(...) I tempi sono cambiati e la nostra conoscenza degli animali è cresciuta. Quella che manca ancora, però, è la sensibilita’
nei
loro
confronti.
Prendiamo
l’esempio
degli
animali
domestici,
dei
cani
in
particolare,
sempre
più
presenti
nelle
famiglie
italiane.
Ho
letto
da
qualche
parte
che,
nella
sola
provincia
di
Milano,
si
registra,
su
per
giù,
un
cane
ogni
dieci
abitanti.
Ho
letto
anche
che
circa
100.000
cani
vengono
abbandonati
ogni
anno
in
Italia,
che
per
le
nostre
città
e
per
le
nostre
campagne girovagano circa 200.000 randagi, dei quali molti rinselvatichiti. Sono cifre che fanno paura.
Martina,
la
protagonista
del
libro
che
state
per
leggere,
non
ne
fa
parte.
Lei,
per
fortuna,
ha
trovato
due
“padroncini”,
Mario
e
Simona,
che
sono
sensibili,
eccome.
Ma
ha
rischiato
grosso.
Lei
non
è
il
primo
cane
che
-
scusate
il
bisticcio
di
parole
-
scrive
in
prima
persona,
che
racconta
la
propria
autobiografia.
Viene
in
mente
Mr.
Bones,
il
cui
monologo
interiore
dà
la
trama
al
romanzo
Timbuctù
di
Paul
Auster.
Anche
la
sua
storia
-
l’attesa
della
morte
del
suo
padrone
senza
tetto
-
è
triste,
ma
si
tratta,
appunto,
di
un
romanzo.
La
storia
raccontata
da
Martina,
invece,
è
vera.
E’
questo
il
punto.
Ha
sfiorato
una brutta fine, ma ha trovato gli amici che meritava. E Mario e Simona hanno trovato
un’amica ancora migliore.
Lo
dico
per
esperienza
personale.
Da
bambino,
infatti
ero
un
grande
appassionato
di
cani.
Conoscevo
tutte
le
razze,
insieme
alle
relative
caratteristiche
e
storie.
Volevo
un
cane
mio
a
tutti
i
costi
e
ai
miei
ho
rotto
le
scatole
talmente
tanto
che
un
bel
giorno
-
eravamo
sotto
Natale
-
me
ne
hanno
regalato
uno.
Tam,
un
cucciolo
di
cairn
terrier,
razza
scozzese
simile
al
West
Highland
white
terrier,
ma
dal
pelo
marroncino
anzichè
bianco.
Prima
di
cedere
alle
mie
richieste,
però,
i
miei
mi
avevano
fatto
giurare
che
avrei
dovuto
trattare
un
eventuale
cagnolino
con
rispetto.
Mi
avevano
fatto
capire,
insomma,
che
non
mi
stavano
regalando
un
giocattolo.
Anzi,
che
la
“proprietà”
di
un
cane
avrebbe
costituito
una
grande
responsabilità,
la
prima
della
mia
vita.
Morale
della
favola:
Tam
ed
io
siamo
cresciuti
insieme,
condividendo
mille
esperienze.
Lui
ha
imparato
da
me
ed
io
da
lui.
Per
dieci
anni
siamo
stati
amici
inseparabili,
quasi
come
due
fratelli.
Posso
dire,
rifacendomi
alla
dedica
del
libro,
che
non
ho
mai
trovato
nella
vita
qualcuno
più
fedele
e
devoto
di
Tam.
E
soprattutto,
con l’eccezione di Mario Catania, non ho mai avuto amico più intelligente... Carlisle, settembre 2014
Il mostro di Firenze
Il mostro di Firenze, una vicenda che è andata avanti per quasi mezzo secolo, tra sangue e sospetti, tra accuse e sorprese.
Intorno al gruppetto dei “compagni di merende”, decenni di misteri. I particolari dei terrificanti omidici commessi dal serial
killer sono ormai storia, ma lo stesso decesso di Pacciani ha contribuito a mantenere oscura tutta una serie di dettagli che
contribuiscono a renderlo uno dei casi più complicati del secolo scorso. Nei primi giorni di marzo 2013, una nuova pista,
poi rivelatasi infondata, contribuisce a riaccendere l’interesse per l’oscura vicenda. Mario Catania, con una narrazione
serrata, un’arguzia eccezionale ed una particolare attenzione per i dettagli, ne propone una spettacolare versione romanzata,
liberamente ispirata ai fatti reali. Ipotesi di assassinii su commissione e ben retribuiti, collegamenti non approfonditi tra
le vittime ed un assurdo sospetto che inizia a serpeggiare quando anche solo il dubbio mette i brividi...
Pacciani che impaccio, di John Irving
Ci
sono
incubi
che,
svegliandoti
al
mattino,
non
ti
ricordi
più.
Altri
invece
si
attardano
a
scomparire,
anzi
ti
accompagnano
per
tutta
la
vita.
Per
me,
Pietro
Pacciani
è
uno
di
quelli.
Appena
finito
di
leggere
l’ultimo
affascinante
romanzo
di
Mario
Catania
-
era
il
17
luglio
-,
scorsi
su
“La
Stampa”
di
Torino,
sotto
il
titolo
Nessuno
reclama
i
resti
di
Pacciani
,
un
articolo
che raccontava:
Pare
che
su
quella
tomba
nessuno
abbia
mai
portato
un
fiore.
Solo
qualche
anno
fa,
sulla
croce
in
legno,
comparvero
due
mazzi
di
rose
rosse,
finte
e
sbiadite.
Il
custode
del
cimitero
disse
che
prima
stavano
davanti
a
un’altra
lapide
e
che
qualcuno
le
aveva
messe
lì
per
non
buttarle
via
che
per
pietà.
A
quindici
anni
dalla
morte,
la
figura
di
Pietro
Pacciani
resta
sinistra ed ingombrante: al di là di un articolato percorso giudiziario, nell’immaginario collettivo lui è il mostro di Firenze.
Stamani
i
suoi
resti
sono
stati
riesumati.
Così
come
nel
giorno
del
funerale,
non
si
è
presentato
nessun
familiare.
Forse
finirà
in
una
fossa
comune.
Visto?
Pacciani
e
la
storia
del
mostro
di
Firenze
continuano
a
tormentarci
ancora
oggi.
Il
mio
personale
“rapporto”
con
la
faccenda
iniziò
nel
lontano
1974.
Vediamo
come.
Rivisitare
il
passato
è
come
camminare
nella
nebbia.
La
forma
e
i
particolari
di
quello
che
si
cerca
di
ricordare
sono
oscurati
o
distorti.
Un
ricordo
pallido
si
dissolve
in
un
altro.
Si
intuiscono
appena
i
contorni
di
un’immagine
che
prima
era
stata
nitida,
cristallina.Eppure
le
mie
prime
esperienze
in
Italia,
vissute
da
studente
sedicenne,
zaino
in
spalla
e
abbonamento
eurorail
in
tasca,
le
vedo
ancora
in
alta
definizione.
Giravo
la
penisola visitando le città d’arte: Padova, Venezia, Genova, Parma, Firenze, Siena, Arezzo, Roma e altre ancora. (...)
Per
tirare
su
un
pò
di
soldi
per
finanziare
il
primo
viaggio,
avevo
lavorato
qualche
mese
da
benzinaio,
facendo
il
turno
di
notte
presso
una
stazione
di
servizio
vicino
a
Carlisle
(e
studiando
la
grammatica
italiana
tra
un
pieno
e
l’altro!).
Un
giorno
all’alba
avevo
visto
arrivare
una
Fiat
bianca
con
una
targa
italiana:
“Fi”
Ebbi
il
piacere
poi
di
servire
il
dottor
Ugo
Pratesi
e
sua
moglie
Elena,
residenti
a
Rignano
sull’Arno,
di
ritorno
dall’aeroporto
di
Glasgow,
reduci
da
una
vacanza
in
Islanda.
Arrivato
a
Firenze,
li
andai
a
trovare.
Mi
conoscevano
appena,
eppure
mi
ospitarono
per
più
giorni
permettendomi
di
usare
la
loro
casa
come
base
per
le
mie
scorribande
altrove.
A
quell’epoca
non
si
parlava
del
mostro.
Era
stato
commesso
solo
il
primo
delitto
(...)
Pensavo
a
come
avevo
sempre
associato
il
fenomeno
dei
serial
killer
ai
paesi
di
matrice
puritana,
come
la
stessa
Gran
Bretagna
e
una
certa
America.
A
ogni
modo,
negli
anni,
Pacciani
-
o
chi
per
lui
e
chi
come
lui
-
ha
contribuito
a
farmi
tornare
alla
realtà.
E
anche
a
togliere
un
po’
di
lustro,
ahimè,
al
mio
fin
troppo dorato sogno italiano. Carlisle, 23/07/13
Vi vedo al Buio
Un incontro può cambiare per sempre la nostra vita. E’ stato così per Veronica Tedeschi ed i suoi amici, giovani rampolli
dell’alta borghesia, quando in montagna conoscono Lorenzo, disabile e cieco dall’età di diciassette anni dopo un incidente
sugli sci. Ma il passato di questo ragazzo nasconde qualcosa di inquietante, di diabolico, e sarà grazie all’aiuto di un ex
poliziotto, il dottor Ferrante Martini, che la verità verrà a galla. L’esempio dell’ex investigatore, divenuto scrittore ed in grado
di svoltare il corso della propria esistenza, sarà il viatico al definitivo cambiamento di vita del Notaio Giorgio del Balzo,
annoiato da una routine quotidiana alla quale sentiva di non più appartenere. Come sempre nei suoi romanzi, Mario Catania
alterna il bene con il male nè più nè meno di come la vita stessa, in ogni istante, faccia sotto gli occhi di ognuno di noi...
Prefazione, di John Irving
Ho conosciuto Mario quando portava ancora le braghe corte. Era un ragazzino brillante, portato allo scherzo: si divertiva ad
inventare
giochi
di
parole
che
facevano
ridere
solo
lui
ed
era
bravo
a
fare
le
imitazioni:
quella
di
un
suo
zio
catanese
faceva ridere anche gli altri. Mario, insomma, l’avrei immaginato più l’autore di romanzi comici che di un giallo (termine un
po’
riduttivo)
come
quello
che
state
per
leggere,
e
come
quelli
che
ha
già
scritto
e
forse
conoscerete
già.
Vi
vedo
al
buio
,
infatti,
è
un
libro
che
colpisce
per
la
serietà
dei
suoi
contenuti,
nonchè
della
sua
ideazione.
Nel
congegnare
le
sue
trame,
infatti,
Mario
si
avvale
addirittura
della
collaborazione
dell’investigatore
ex
Criminalpol
Francesco
Saccomanno,
ora
in
servizio
alla
Procura
di
Torino,
ed
il
sostituto
Procuratore
della
Repubblica
Riccardo
Ghio.
Con
consulenze
di
questo
calibro,
il
libro
non
può
che
rispecchiare
una
forte
veridicità.
Non
c’è
particolare
che
non
abbia
fondamento.
Ma
oltre
all’aspetto
tecnico legale, c’è anche quello socio-scientifico. In ogni suo libro Mario si occupa di tematiche di questo tipo.
In
Vi
vedo
al
buio
,
si
affronta
il
mondo
degli
ipovedenti,
quelli
che
non
vedono
che
ombre,
mentre
Tre
bravi
ragazzi
parlava
della sindrome di Asperger, Il mostro di Firenze: la verità oltre la cassazione di.... beh, lo dice il titolo.
Mario torna al romanzo vero e proprio dopo l’intervallo di C’è un alano dentro di me, fantasia dedicata alla sua amatissima
cagnolina Martina. Non c’è due senza tre: anche in questo passaggio, infatti, mi ricorda uno scrittore britannico.
Potrebbe
essere
una
formula
vincente
per
il
percorso
letterario
di
Mario
Catania:
ora
un
romanzo
serio,
ora
un
divertimento.
Se
dovesse
decidere
di
seguire
il
consiglio,
per
il
prossimo
libro
gli
consiglierei
di
ispirarsi
a
ValMcDermid
e
di
documentarsi sulla sua documentazione. Sarebbe un bel leggere.
J
ohn Irving
New Castle-upon-Tyne Novembre 2014
Tutto sbagliato
Sullo sfondo dell’alta borghesia romana due rampanti avvocati vengono coinvolti in un gioco tanto geniale quanto perverso
ideato da un cliente amico di famiglia. Cambi di identità, brutali omicidi, viaggi tra Milano Marittima, Orta, Stresa, Nizza,
Roma e Porto Cervo portano al coinvolgimento nelle indagini dell’ex poliziotto e scrittore Ferrante Martini.
Quando sembra che grazie alle sue abilità investigative la verità stia per essere svelata, però, la catena di inganni si infittisce,
fino alla inaspettata resa dei conti finale, in cui nessuno è chi dice di essere e i ruoli si ribaltano.
Come spesso accade nei suoi romanzi, l’autore ci insegna che la mente umana può superare l’immaginazione, e che a volte
è meglio non fidarsi di nessuno.
Prefazione, di John Irving
La
giustizia
non
è
sempre
stata
giudiziosa.
Per
molti
secoli
le
persone
venivano
accusate
e
condannate
per
aver
commesso
delitti,
non
sempre
in
base
alle
prove
raccolte
ma
talvolta
per
la
loro
mancanza
di
status
sociale,
per
il
colore
della
pelle,
perchè
si
trovavano
nel
posto
sbagliato
nel
momento
sbagliato.
E
così
via.
L’evoluzione
della
scienza
forense
ha
cambiato
tutto.
Oggi,
analizzando
i
“messaggi”
lasciati
su
un
cadavere,
mettiamo,
o
sulla
scena
di
un
delitto,
i
suoi
attrezzatissimi
esponenti
sono
in
grado
di
risolvere
i
misteri
sia
del
passato
sia
del
presente.
Ormai,
grazie
all’utilizzo
di
tecnologie
all’avanguardia,
può
bastare
una
traccia
di
DNA
grande
come
un
granello
di
sale
per
individuare
il
colpevole
di
un
reato.
Non
ci
si
limita
più
ad
ascoltare
eventuali
testimonianze,
ma
si
cerca
la
verità
dei
fatti
in
un
goccio
di
sangue,
per
esempio,
o
nell’arma
del
delitto.
(...)
La
trama
dell’ultimo
romanzo
di
Mario
Catania,
Tutto
sbagliato.
La
terza
indagine
di
Ferrante
Martini
,
si
spiega
in
modo
analogo.
Vengono
seminati
indizi
che
possono
essere
letti
in
modo
bivalente,
ma
non
portano
mai
ad
una
soluzione
che
non
sia
quella
finale.
La
differenza
sta
però
nella
sofisticazione
dei
metodi
impiegati
per
arrivarci,
a
quella soluzione.
Si
tratta
del
terzo
libro
di
Catania
in
cui
uno
dei
protagonisti,
quasi
un
alter
ego
dell’autore,
è
Ferrante
Martini,
ex
commissario
della
SAM,
la
squadra
anti
mostro,
un’appendice
della
Procura
di
Firenze
ai
tempi
della
storia
del
Mostro.
Con
due
libri
già
alle
spalle,
Martini
ha
iniziato
una
nuova
vita
di
scrittore,
ma
viene
spesso
coinvolto
in
indagini
private.
E’
grazie
alle
conoscenze
professionali
di
questo
personaggio,
appunto,
e
alla
consulenza
di
autorevoli
avvocati
e
specialisti
in
svariate
discipline,
che
il
romanzo
ci
regala
un
viaggio
attraverso
le
tecniche
investigative
di
ultima
generazione,
tutte
assolutamente
attinenti
alla
realtà
e
allo
stato
dell’arte
della
scienza
forense
contemporanea.
Ma,
per
evitare
di
privare
il
lettore del piacere della scoperta ed del brivido della suspence, non intendo dire altro.
Come
il
grande
Graham
Greene,
nella
sua
scrittura
Mario
Catania
si
dimostra
in
grado
di
alternare
entertainments,
ovvero
divertissements
dal
tono
leggero,
sebbene
non
frivolo
(vedi
l’ultima
fatica,
dedicata
alla
cagnolina
Martina),
con
romanzi
più
impegnativi,
veri
e
propri
thriller
caratterizzati
dal
ritmo
incalzante,
dalla
descrizione
d’ambiente
e
dell’attenzione
all’intreccio.
John Irving
New Castle-upon-Tyne Primo Gennaio 2016
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Tenebre nella Chiesa
Il
secondo
capitolo
di
“Ricatto
alla
Chiesa”,
leggibile
indipendentemente
dal
primo,
nel
quale
la
Chiesa,
come
Istituzione,
trema
davanti
agli
attacchi
dei
suoi
Mali,
talvolta
interni.
Il
“Ricatto”
è
una
sorta
di
cancro
silenzioso
che,
come
un
serpente,
striscia
beffardo
nei
templi
della
sacralità.
Le
morti
di
alcuni
ragazzi,
avvenute
in
giovane
età
e
in
circostanze
misteriose,
riportate
alla
luce
attraverso
eventi
occasionali,
risvegliano
la
curiosità
di
Ferrante
Martini
ed
altri
investigatori
che si troveranno coinvolti in una indagine nella quale la presenza di poteri paralleli si paleserà oltre ogni immaginazione.
L’Eterna
lotta
tra
il
Bene
e
il
Male,
materializzata
nello
scontro
tra
I
Custodi
della
Dottrina
e
della
Fede
e
I
Membri
del
Collegio dell’Anticristo.
Esiste il romanzo noir in cui si conosce il colpevole sin dall’inizio ed esiste il thriller in cui lo si conosce solo alla fine.
Bene:
Catania
è
l’inventore
di
un
genere
che
sta
a
metà
tra
i
due.
Si
sa
e
non
si
sa,
si
dice
e
non
si
dice,
si
conosce
o
si
crede di conoscere. Tutto sembra, poi tutto è diverso.
Dalla prefazione di John Irving.
Mostro, incubo senza fine
Mario Catania immagina una conclusione della vicenda tutta italiana del cosiddetto “Mostro di Firenze”.
Fu
il
dicembre
2013
quando
uscì
il
primo
romanzo
dedicato
alla
vicenda
del
“Mostro
di
Firenze”.
Quella
storia,
per
la
memoria
di
tutto
il
mondo,
pare
essere
legata
ad
un
nome:
Pietro
Pacciani
e
“Pacciani
che
impaccio”
fu
proprio
il
titolo
della
mia
prefazione
di
allora;
Pacciani
è
davvero
un
impaccio,
Pacciani
è
un
capro
espiatorio
trovato
morto
“suicida”
in
casa
sua
con
tutte
le
finestre
aperte,
prono,
con
i
pantaloni
abbassati
e
le
macchie
ipostatiche
-
o
ipostasi
-
sulla
schiena,
sulle
spalle
e
sui
glutei.
Le
ipostasi
sono
le
macchie
di
colore
blu
che
si
formano
in
virtù
della
forza
di
gravità,
la
quale
consente
al
sangue
di
coaugulare
verso
il
basso,
ragione
per
cui,
nel
caso
di
Pacciani,
vennero
considerate
dai
medici
legali
non
compatibili
con
la
posizione
del
corpo
dopo
la
morte
in
quanto
tipiche
di
un
corpo
supino
al
momento
del decesso.
Torino
appartiene
al
triangolo
della
Magia
Biancia,
insieme
a
Lione
e
Praga,
ma
fa
parte
anche
della
Magia
Nera,
insieme
a
Londra
e
San
Francisco.
Torino
come
luogo
dell’equilibrio,
Torino
detentrice
dell’equilibrio.
L’eterna
lotta
tra
il
Bene
e
il
Male
altro
non
è
che
una
sorta
di
equilibrio
al
quale
tutti
noi
dobbiamo
sottostare
ed
è,
forse,
per
questa
ragione
che
Mario Catania ambienta i suoi lavori in questa “città magica”.
Dalla prefazione di John Irving.
1914. Scacchiera veneziana
Mario
Catania
si
cimenta,
per
la
prima
volta,
nel
genere
fantasy
mantendendo
l’impronta
thriller-noir,
secondo
la
definizione
data
da
John
Irving,
che
lo
contraddistingue.
‘1914.
Scacchiera
veneziana’
è
un
giallo
storico
nel
quale
la
Storia
viene
piegata
dalla
fantasia
al
fine
della
costruzione
di
un
mondo
immaginario.
L’Italia
è
rimasta
estranea
ai
due
conflitti
mondiali!
Come
ciò
sia
potuto
accadere
rappresenta
la
trama
del
fanta-thriller,
una
ragnatela
abilmente
tessuta
all’interno
della
quale
gli
equilibri
storici
vengono
modificati
al
solo
fine
del
perseguimento
di
un
nobile
obiettivo: una Guerra giusta.
A
mezzo
dell’eliminazione
delle
ideologie
naziste
e
fasciste,
l’Italia
diventa,
nella
fantasia
dell’autore,
un’isola
felice
dove il resto del Mondo, coinvolto nelle Guerre, si rifugia.
‘1914.
Scacchiera
veneziana’
,
ambientata
tra
Venezia,
Verona,
Torino
e
Sauze
D’0ulx
negli
anni
precedenti
al
primo
conflitto mondiale rappresenta un romanzo visionario e futurista in grado di trasportare il lettore verso un lieto fine per
l’Italia e gli italiani.
1945. Il labirinto della perversione
Stefano
Landoni,
il
Dandy
per
gli
amici,
ha
quarantacinque
anni
e
un
libro
di
grande
successo
alle
spalle.
Stefano
è
un
godereccio,
ama
la
bella
vita,
le
gite
fuori
porta,
stare
con
gli
amici
e
la
compagnia
di
un
buon
vino
d’annata.
Proprio
l’amico
di
lunga
data
Lorenzo gli presenta una sera la donna che gli stravolgerà la vita.
Elena
è
una
giornalista
di
una
delle
famiglie
storiche
di
Venezia,una
donna
dai
mille
volti.
Tra
i
due
nasce
subito
un
idillio,
una
storia
che
andrà
avanti,
tra
deliziosi
ed
estremi
incontri
sessuali,
e
una
missione
da
portare
avanti
per
il
bene
delle
democrazie
di
tutto
il
mondo.
Stefano
ed
Elena,
infatti,
si
ritrovano
coinvolti
in
una
storia
di
spionaggio
e
controspionaggio
senza
fine,
in
un’epoca, a cavallo della seconda guerra mondiale, in cui ideologie e
progetti
criminosi
vanno
a
braccetto.
1945.
Il
labirinto
della
perversione
è
una
storia
che
mescola
ingredienti
noir
e
polizieschi
all’erotismo, in un connubio che genera colpi di scena ed emozioni a non finire…
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